Spiegherò brevemente perché questa raccolta di Maria Cefalà è pregevole, originale, di ottima fattura. Innanzitutto perché si distingue nettamente dal minimalismo poetico ed esistenziale, secondo il grande critico Giorgio Linguaglossa “deriva delle poetiche epigoniche”, e dal postmoderno, nel peggior senso del termine, cioè inteso come disimpegno ludico, citazionismo a sproposito, relativismo nichilista, etc etc. Stilisticamente si caratterizza anche perché si pone al di fuori della poesia di ricerca e della poesia neolirica, pur essendo, a mio modesto avviso, autentica poesia. Da un punto di vista tematico presenta un argomento, quello dell’aborto volontario, che non era, per quanto ne so, stato trattato a dovere nella poesia italiana. Dei brillanti saggi sono stati scritti sull’aborto, come “La colpa delle donne” di Ritanna Armeni. Esiste anche in stile prosastico-giornalistico “Lettera a un bambino mai nato” di Oriana Fallaci. Ma in poesia una raccolta intera su questo tema, che abbia anche dignità letteraria? Questo libro colma la lacuna. Negli ultimi anni le poetesse hanno trattato vari tipi di traumi, ma quello dell’interruzione volontaria di gravidanza è restato un argomento tabù, rimosso. Cosa accade a una donna che abortisce e che ha abortito? Quali sono i suoi pensieri, le sue sensazioni, il suo dolore fisico ed esistenziale, il suo senso di colpa? Alcuni dicono che la legge 194 è un male minore, che ha eliminato gli aborti clandestini e le mamane. Nel frattempo vengono fatti talk show sull’aborto senza nemmeno una donna e nei consultori ci sono esponenti pro life. Proprio ora che questo argomento sta diventando di nuovo di attualità bisogna ascoltare una voce poetica schietta, sincera, vera, come quella della Cefalà. Per quanto riguarda il tema dell’aborto bisogna lasciare parlare e scrivere le donne e bisogna ricordarsi che esso è un loro diritto inalienabile, così come bisogna tener presente che, anche se l’ultima parola spetta alle donne, spesso l’aborto è una scelta obbligata e indotta a causa di un compagno violento o assente, di ragioni economiche, etc etc. Bisognerebbe valutare cosa c’è dietro questa scelta, bisognerebbe capire tutte le implicazioni e le problematiche, compresi i risvolti pratici e contingenti, annessi e connessi. Questa raccolta ci aiuta a capire tutto ciò. Non solo ma si tenga presente che la poetessa è una pianista affermata, ben integrata a livello socioeconomico: in termini reputazionali (vista e considerata la meschinità e l’ottusità della mentalità comune) si è esposta molto, così come ha richiesto un lavoro non indifferente su sé stessa questo libro. A mio avviso – lo ripeto – per appropriatezza verbale e stilistica è autentica poesia, ma anche se non lo fosse sarebbe comunque un apporto conoscitivo indubbio per il valore della testimonianza, per il carattere sociologico, antropologico, psicologico e socioculturale. A ogni modo è un libro di poesia riguardante i diritti delle donne. Già questo è molto. Il libro è suddiviso in cinque sezioni (preludio, padre, figlio, spirito santo (l’opposto al mio zenit), postludio). Una cosa deve essere chiara: nessuna persona dotata di un minimo di empatia e di buon senso deve giudicare e condannare. Bisogna imparare dalla poetessa, che scrive a proposito del suo ex compagno: “Se avessi giudicato il giusto e lo sbagliato/ cosa sia da considerare colpa e cosa no/ leggendo con attenzione Codice penale,/ Bibbia e Corano,/ avrei preso posto comodamente in platea/ e guardato con delizia la tua anima/ trastullarsi tra le fiamme/ succhiando nel mentre caramelle/ con il mio cane sul grembo./ Ma t’ho amato/ e onoro il mio passato”. Due parole vanno spese anche sull’effetto benefico di Bach, sulla musicoterapia, sul fatto che la musica ha un effetto catartico, aiuta nella concentrazione, stimola i pensieri, migliora le prestazioni intellettive (tutte cose dimostrate scientificamente): soprattutto la musica classica. È una poesia questa comunque che può avere effetto disturbante sui bigotti e sui benpensanti. Ed è bene che lo sia, che sia prorompente, decisa, irruenta e che sfaldi il terreno sotto i piedi di alcuni che parlano per sentito dire e ragionano sulla base dei luoghi comuni. Inoltre ci si ricordi anche di quante persone sono andate e vanno in analisi per i sensi di colpa, ricevuti da un’educazione troppo cattolica, come ci ricorda la poetessa nelle prime pagine. La Cefalà ha voluto essere diretta, senza filtri. Ne è la prova il fatto che non ci sono prefazione o postfazione a spiegare, razionalizzare, edulcorare, giustificare. In questo libro c’è un’interiorità messa a nudo con un notevole scavo interiore; c’è una donna sola (lasciata anche sola) con le sue vicissitudini, il suo dramma, la sua tragedia, il lutto del figlio non nato e la fine di un amore da rielaborare. Per tutti questi motivi ve lo consiglio.
Quindi ottimo libro della poetessa Maria Cefalà, pubblicato da Il ramo e la foglia edizioni, a soli 12 euro.