Nel cuore di Roma è situato uno dei complessi archeologici di età repubblicana più importanti della città: l’area sacra di largo di Torre Argentina. L’area è costituita da una piazza porticata sulla quale sorgono quattro templi, la cui identificazione non è ancora del tutto sicura. Al momento della scoperta, tra il 1926 ed il 1929, essi furono indicati con le prime quattro lettere dell’alfabeto. L’ultimo ad essere stato realizzato fu il tempio B, l’unico a presentare una pianta circolare. Accanto ad esso furono rinvenute le parti di una colossale statua femminile, probabilmente la statua di culto, ora conservate presso la centrale Montemartini di Roma. Sembrerebbe quindi che il tempio fosse dedicato ad una divinità femminile identificata con la Fortuna Huisce Diei ovvero la Fortuna del giorno presente. All’interno dell’area sacra è inoltre visibile la curia, teatro dell’uccisione di Giulio Cesare, pertinente il teatro di Pompeo. La zona in cui il complesso cultuale sorge corrisponde alla parte centrale di quell’area destinata nell’antichità alle esercitazioni militari: il Campo Marzio. Esso fu fortemente urbanizzato soprattutto in età Augustea ad opera di Marco Vipsanio Agrippa il quale realizzò le prime terme pubbliche di Roma. In via dell’Arco della Ciambella è possibile vedere nascosta tra le abitazioni parte della sala centrale dell’impianto termale, rinominata dai Romani “la Ciambella”. Sempre Agrippa fu il responsabile della costruzione del Pantheon poi completamente ricostruito dall’imperatore Adriano. Si tratta non solo di uno dei pochi edifici giunti integralmente sino a noi ma anche di uno dei più grandiosi, capace di testimoniare la sapienza costruttiva degli antichi Romani. La sua cupola, è infatti, la più larga mai voltata in muratura; essa è caratterizzata dalla presenza di un’apertura centrale dalla quale penetra la luce illuminando l’interno dell’edificio. Nel 609 d.C. il Pantheon fu trasformato in chiesa con il nome di Santa Maria ad Martyres; al suo interno è sepolto il celebre Raffaello Sanzio. Nei pressi dell’edificio si trova la chiesa di Santa Maria Sopra Minerva, così denominata poiché si credeva erroneamente costruita sui resti del tempio di Minerva Chalcidica. Al centro della piazza che precede la chiesa, si erge il “Pulcino della Minerva” ovvero un elefantino, disegnato da Gian Lorenzo Bernini e scolpito dal suo allievo Ercole Ferrata, che sostiene un piccolo obelisco egizio con geroglifici. All’interno della chiesa è possibile ammirare la Cappella Carafa, vero e proprio capolavoro del quattrocento romano, completamente affrescata dall’artista fiorentino Filippino Lippi.
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