“… Mi capitava di avere notizie di Bruno da più fonti. Si trattava di persone che ogni tanto mi chiamavano senza che io avessi alcuna voglia di sentirle. Da quel che avevo saputo anche lui aveva lasciato l’appartamento in via dei Monti Parioli e aveva dovuto subire l’onta dell’arresto per frode.
Fortunatamente se l’era cavata con una sola settimana di carcere per poi passare agli arresti domiciliari.
Sembrava si fosse trattenuto per poco dai suoi genitori, e quindi con nostra figlia Sophie. Poi, finalmente, era approdato dietro al banco della salumeria, ma diceva di essere in attesa d’un lavoro in qualche ruspante studio dentistico di provincia. Si parlava di Viterbo e io accolsi la notizia con gioia all’idea di stargli un po’ più lontana anche dal punto di vista geografico.
“In bocca al lupo, mio caro Bruno” pensai, sorridendo al mio nuovo fiammante destino.
Quando però si decide per un certo lavoro non bisogna mai mischiare amicizie e affari.
“Sei una stronza puttana. Te ne sei andata con mio marito a Milano e volevate farmi fessa.”
“Io non volevo fare fessa nessuna. Per quanto riguarda la… puttana… immagino che sottovaluti la portata dell’affermazione, ma non preoccuparti: un sacco di gente si dimostra incapace di afferrare le cose più semplici. Di solito si tratta di nullità, dovresti capirlo. Persone del tuo calibro.”
Barbara mi aveva chiamato infuriata perché in un momento di crisi m’ero lasciata andare a guadagnare qualcosa con quel coglione del marito. Un ex collega di Bruno. Parlo di un ex collega perché il dottor Andrea Casini era veramente un dentista, anzi, un fior di dentista.
“Ti sei fatta pagare come una puttana! Ora lo sanno tutti. Cinquemila euro per un’andata e ritorno da Milano con annessa scopata!” aveva ribadito.
“Niente di che, ti assicuro. Una noia mortale, il tuo Andrea.”
Però non era del tutto vero, anzi…
Le cose erano andate più o meno così: dopo la Gattermayer pensavo d’aver toccato il cielo con un dito, e che da lassù sarei potuta partire per altre e più importanti mete.
Non mi andava proprio di mettere me stessa e la mia attività sul web, e nel frattempo spendevo a destra e a manca ciò che avevo guadagnato con quella donna, che mi aveva fatto letteralmente morire di piacere.
Per un giubbino in pelle antracite di Balenciaga se ne erano andati quasi un migliaio di euro, e che dire poi del meraviglioso giacchino griffato di Dolce & Gabbana? Altri seicento.
Ho sempre amato Stella McCartney, però acquistare quel vestito bianco e nero da circa duemila euro era stato come tirare un fucilata a un pavone moribondo.
Ero stata parsimoniosa e avevo comperato tutto in saldo, ma quando arrivò il conto del residence cominciai a vedere la spia dirigersi sul rosso. Fu a quel punto che feci la più sonora delle stupidaggini.
All’ennesima telefonata di Andrea, quell’Andrea con la moglie inviperita, dissi di sì.
Risposi che sarebbe stato un piacere accompagnarlo a Milano per un congresso. Se non altro riuscii a temperare la mia fesseria con la rottura di un tabù.
“Per una notte sono ottomila.”
“Come?” aveva chiesto Andrea dall’altro capo del cellulare.
Sentivo, percepivo benissimo che stava arrossendo.
“Una notte: ottomila, tutte le spese a tuo carico.”
Un attimo di silenzio. Forse due.
“Ci sei?”
Sicuramente almeno quattro.
“Lo fai di mestiere?”
“Certo. Ti sorprende?”
“Ok. Passo a prenderti domani. Ti richiamo per l’orario.”
“Hai una penna?”
“Sì. ”
“Questi sono i miei riferimenti bancari. Fatto il bonifico mandami un fax a questo numero.”
“Pensavo…”
“Io no, non penso affatto. Non penso più” lo interruppi chiudendo l’argomento soldi.
Ovviamente arrivò il fax e mi resi disponibile per la trasferta milanese.
Ero molto indecisa se indossare il cadeau de plaisir, e cominciai a buttar lì alcune riflessioni. Provavo a gestire disinvoltamente il mio Io.
“Insomma Sofia, senza tirarla troppo per le lunghe… gli hai detto qual è il tuo lavoro.”
“Sì ma in fin dei conti è una vecchia conoscenza. Un amico.”
“Ma prima viene il tuo lavoro. Giusto?”
“Giusto!” …”