La sera del 28 maggio 1606, durante la celebrazione per il primo anno di pontificato di Paolo V, si svolgevano dei festeggiamenti che diedero luogo a fatti di sangue. Secondo le cronache “verso la sera a Ripa Grande facendosi festa, et combattendosi con le barche, nel festeggio e gara, uno diede uno schiaffo ad un altro, et questo con ferita ne cavò la vita”. E’ lo stesso giorno in cui Caravaggio ucciderà in Campo Marzio Ranuccio Tomassoni.
Festa, gioco, risse, omicidi, pittori e molto altro ancora si incontravano lungo le strade della Roma barocca e tra tutti spiccava un grandissimo artista dal carattere impossibile.
Una città violentissima, dove alla più alta spiritualità cristiana si affiancavano ogni genere di vizio e bassezza.
La vita brulicante dei vicoli e delle osterie conviveva fianco a fianco coi palazzi di cardinali e nobili, frequentati da poeti e intellettuali. La miseria, assoluta e spaventosa accanto alla pompa e al lusso più sfrenato.
La Roma delle folli giornate di Carnevale e della spericolata vita notturna, piena di personaggi variopinti, soldati di ventura, zingare, medicanti, prostitute, furfanti di ogni genere e di ogni nazionalità e artisti sregolati e spesso capaci di cavarsela bene col coltello o con la spada.
Un pericoloso gioco di specchi, in cui il vizio si maschera da virtù e viceversa e dove spesso, inaspettata, si affaccia una meditazione inquieta sulla vanità delle cose e sul divenire dell’uomo.
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