E’ la seconda volta che Toni e Peppe Servillo si esibiscono insieme: dopo “ Le voci di dentro “, grande il successo ottenuto al Teatro Argentina, eccoli protagonisti di un lavoro che definire impareggiabile è davvero poco: “ La parola canta “, un’ode a Napoli ed alla sua grande, complessa ricchezza che la coppia si spartisce: Toni è il teatro, Peppe è la musica.
Insieme si integrano, si saldano e la parola e la musica così’ fuse tra loro ti trasportano in un luogo ideale, che non esiste ma dove puoi liberare tutta la tua immaginazione accompagnati da un quartetto d’archi in grado di mescolare sapientemente jazz, pop, musica contemporanea: un palcoscenico scarno, uno sfondo nero, il vuoto scenico riempito soltanto da poesia e musica in un crescendo di interpretazioni che evidenziano i poeti e gli artisti napoletani da sempre in grado di descrivere il colore affascinante di Napoli ed i suoi atteggiamenti contraddittori.
La città, che sul palcoscenico non c’è, ma c’è, prende vita quanto Toni, in quella lingua napoletana teatrale per eccellenza, prima recita poi intona a mitraglia, freneticamente, “ Napule “ ed il pubblico, prima attonito poi esaltato, vola col pensiero alla guapparia, alle tante lingue ed ai tanti misteri della città di Edoardo, alla tammurriata pensando e sperando che quella canzone di Mimmo Borrelli non finisca mai tanto è grandioso sia il testo che l’interpretazione di questo grande attore tanto amato dal pubblico per le sue splendide interpretazioni cinematografiche e non solo.
Non si fa a tempo a riprendersi dall’expolit di “ Napule “ che ecco arrivare una valanga di scene ancora materialmente vuote che descrivono una marea di ambientazioni dalle quali emerge tutta la cultura descrittiva napoletana: i bassi, le malattie, i ragazzini nudi che prendono il sole come li ha descritti Enzo Moscato nell’altra spettacolare interpretazione di quel personaggio che soltanto Edoardo poteva raccontare: “ De Pretore Vincenzo “, la povertà che induce a maledire tutto e tutti, ma sempre con un filo di speranza che fa da sfondo alla vita angustiata del popolo napoletano descritto da E. A. Mario e da Libero Bovio.
E poi, testi di Antonio di Francia, Raffaele Viviani, Franco Marcoaldi, Alfonso Mangione, Giorgio Battistelli, i migliori tra i napoletani famosi e meno famosi, tutti accompagnati dal fantastico quartetto d’archi, il “ Solis String Quartet “ ( due violini, una viola, un violoncello ), un contest che ha rivisitato, arrangiandoli, i classici eseguiti e che ad un certo punto si esibisce nell’ “ Allegretto pizzicato “ dal Quartetto n. 4 di Bela Bartok che non solo esalta, ma commuove.
Un concerto, un recital, una festa di musica, poesia e canzoni che non è un omaggio né una celebrazione di Napoli e della sua eterna magia, ma una serata in cui musica e poesia diventano teatro puro per descrivere, nell’arco di varie epoche, un trionfo ed una inesauribile ricchezza poetica che molto opportunamente, e con tutta la capacità espressiva della quale soltanto una coppia così affiatata di napoletani poteva portare in scena evidenziando, senza scenografia, tutta la loro creatività scenica.
“Le Belle Sere” – Lo spettacolo dal vivo fuori dal Centro – Anno 2024
Fino all'8 settembre nella suggestiva location di Villa Lais nel territorio del VII Muncipio a Roma in piazza Giovanni Cagliero,...
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