Eva non riusciva a distogliere gli occhi da lì. Non era mai stata una donna di tante parole ma quando, in casi come questo, si trovava di fronte ai propri desideri, le parole le scomparivano totalmente dalla bocca, scoppiandole in testa soltanto immagini, immagini su immagini…
Lui era strano, nel modo in cui era bello. Uno straniero, senza dubbio, la carnagione scura del suo corpo in bella mostra lo provava oltre ogni dubbio. E lui, “lo Straniero”, se ne stava lì, nel palazzo di fronte, con le finestre spalancate. Le tentazioni tengono sempre le finestre aperte, inutile sperare altrimenti.
A Eva capitava spesso di fantasticare su di lui. Non doveva avere moglie, né compagna regolare. Ma la compagnia, quella non gli mancava mai. E vederlo in attività, lasciandola così, esclusa… Era una cosa che il suo orgoglio femminile sopportava a stento. Si sentiva quasi sfidata, da quello sconosciuto, sfidata a fare qualcosa.
Lui sembrava avere più o meno i suoi stessi anni, portandoli leggermente peggio, ma in maniera decisamente più affascinante. Si erano incrociati spesso sotto casa: grandi sorrisi, all’inizio imbarazzati, con un pizzico di sale in più, volta dopo volta. E poi, ovviamente, a casa a guardare la finestra. A fantasticare. Ma perché limitarsi a questo, si chiese Eva, perché non uscire di casa, correre alla sua porta e bussare? Perché non-
Un pianto acuto e stridulo, improvviso, interruppe i suoi pensieri. Ecco perché: era madre di una piccola bambina. E sposata, per giunta. Come osava soltanto considerare certe ipotesi. Tradimento, adulterio… Ragionare non è peccato. I pensieri sono liberi, è impossibile fermarli. Eva si discolpò così mentre coccolava la piccola, teneramente. Sua figlia era bellissima, fantastica, ma averla era stato un errore. Il matrimonio di Eva era infelice prima e infelice era rimasto, dopo. Un figlio è stupendo, ma non fa miracoli. Né impedisce a tuo marito di fare lunghi viaggi di lavoro, con colleghe sospette, facendo sentire la propria mancanza spiritualmente e non. Alcune sue amiche si lamentavano che da quando avevano figli non riuscivano più ad avere rapporti con i loro mariti. A Eva sarebbe piaciuto tanto provarci.
Calmata la piccola, la donna chiamò il marito al cellulare. Ascoltando gli squilli lanciò un’occhiata allo specchio. Aveva ancora un bel corpo, il parto non le aveva tolto un grammo del suo fascino. Non era giusto che andasse sprecato così, contro uno specchio che non reagisce, dentro un telefono che non risponde.
“Ciao! È la segreteria telefonica di Maurizio De L-”
Eva buttò il telefono. Dal botto che sentì, probabilmente l’aveva diretto verso il muro. Poco male. Suo marito la tradiva, ne era sicura. Nessun uomo che Eva amasse le sarebbe potuto sfuggire, ma lei non amava suo marito. Sarebbe stato tanto grave se, per una volta, si fosse concessa a sua volta una piccola sbandata?
All’apice del suo dubbio, stavolta fu il campanello a interrompere Eva. Era la suocera, in una delle sue spettacolari performance di visita a sorpresa. Un beffardo scherzo del destino. O forse un segno?
La suocera quasi non fece in tempo ad entrare che Eva era già fuori dalla porta, grazie a una stupida scusa, qualcosa riguardo a un nuovo biberon da comprare. La piccola sarebbe rimasta con la Nonna. Eva era libera.
Il respirò incominciava ad affannarsi. Si sentiva in colpa, ma ormai era fuori, non poteva tornare indietro. La porta di casa le si riaprì alle spalle, spaventandola.
“Eva… hai dimenticato questo! Era per terra!” disse la Suocera, porgendole il telefono cellulare. Quello finito contro il muro, quello con uno spacco nuovo di zecca sullo schermo.
La Suocera si attardò un secondo. Era l’occasione tanto temuta, quella di tirarsi indietro. Eva la lasciò passare. La Suocera rientrò in casa. Era di nuovo troppo tardi. Una sensazione che non ricordava più da tempo, qualcosa tra la paura, il senso di colpa e l’eccitazione, la pervadeva dalla testa ai piedi. Eva ne era estasiata.
Uscita dal suo palazzo, arrivò all’entrata dell’altro, quello dove abitava… L’imbarazzo pietrificò la donna: non sapeva né il nome né il cognome dell’uomo su cui fantasticava. Insomma, non poteva mica cercare “Straniero” sul citofono. Eva controllò lo stesso, quasi involontariamente, che non ci fosse alcun Mr. Straniero. Non c’era. Imprecò a bassa voce.
Il cellulare emise due “bip”. Un messaggio. Eva fece per guardarlo ma un altro suono, un “clack”, la interruppe. Ci si poteva scrivere un romanzo, su tutte le volte che qualcosa la interrompeva. Era il cancelletto del palazzo. Ed era lo Straniero. Eva se lo trovò davanti. Nascose il cellulare dietro la schiena, ma evidentemente non riuscì a nascondere la sua espressione.
“Che hai? Sembri… sconvolta!” le disse quello, con un accento del sud di qualche paese lontano migliaia di chilometri, ancora più sexy di lui.
Lei annuì timidamente, e lui si offrì di aiutarla con qualche infuso. Un’idea impeccabile.
Presero l’ascensore. Dentro era pieno di specchi. Eva rivide la sua immagine, nitida, moltiplicata all’infinito. Accanto alla sua figura, quella dello Straniero, così vicina. Era un momento di pura confusione, per lei. Lui, invece, sembrava avere le idee molto chiare. Eppure non smetteva di emanare un’aura gentile, romantica, seppur con lo spirito di un predatore. O forse era tutta un’impressione di Eva, un film proiettato solo dentro la sua testa.
Arrivarono davanti alla porta, che lo Straniero le aprì, aspettando, per farla passare. Eva ebbe uno scorcio delle stanze che tante volte aveva osservato dal mondo del palazzo di fronte. In un attimo, risorta da chissà dove, la paura prese possesso di lei. Chiese all’uomo di chiudere le finestre. Non ci teneva a essere vista da nessuno, figuriamoci da figlia e suocera. Lui fece quanto chiesto, in un tempo sorprendentemente breve, poi tornò alla porta, perché Eva ancora esitava.
“Non entri più? Se non sei sicura, io…”
Eva riprese il cellulare, che aveva dimenticato nella tasca, e con la mano tremante sbloccò la tastiera. Il messaggio di prima diceva:
” CIAO AMORE, HO VISTO LA TUA CHIAMATA… PURTROPPO SONO IN RIUNIONE, NON POSSO PARLARE, MA TI AMO! A DOPO, MIA BELLISSIMA EVA! E SALUTAMI LA PICCOLA, OVVIAMENTE 😉 ”
Un colpo durissimo allo stomaco e al cuore. Suo marito la amava. Quelle di Eva erano tutte bugie che si somministrava, come droghe, per sentirsi in credito di una follia. Ora percepiva tutta la colpa del suo desiderio e la sua profondità, senza più scuse. E soltanto ora, dopo molto tempo, sentì chiaramente la propria voce, nel pieno del suo controllo, dire:
“No, sono sicura.”
Eva entrò, finalmente, a conoscere lo Straniero.