La chiesa di Santa Maria del Popolo ebbe origine da una cappelletta, eretta da Pasquale II nel 1099, forse in ringraziamento per la liberazione del Santo Sepolcro avvenuta in quell’anno, a spese del popolo romano (da qui il nome). Il complesso, passato nel 1250 agli Agostiniani della Tuscia e nel 1472 a quelli della Congregazione Lombarda, venne ricostruito tra il 1475 e il 1477 nello spirito della coeva architettura sacra lombarda. Già nel XVI secolo si ebbero i primi interventi, tra cui il rifacimento del coro absidato da parte di Bramante e la costruzione della cappella Chigi su progetto di Raffaello. Le modifiche proseguirono nel corso del Seicento in chiave barocca con l’aggiunta delle cappelle del transetto, la sovrapposizione in facciata e all’interno dell’apparato decorativo – sotto la regia di Gian Lorenzo Bernini e per volere di Alessandro VII (1655-59) – e l’aggiunta della cappella Cybo di Carlo Fontana, dove si ammira ancora oggi la monumentale pala d’altare eseguita ad olio su muro da Carlo Maratti.
Maratti sì, ma non solo. Sebastiano del Piombo, Carlo Fontana, Raffaello, Caravaggio, Bernini, Pinturicchio, Annibale Carracci lavorarono nella chiesa, dove eminenti esponenti della curia e della nobiltà romana (Chigi, Cerasi, Cybo, Della Rovere, Mellini) affidarono la decorazione della propria cappella ad artisti di comprovata celebrità, mettendo in campo una strategia rappresentativa volta a porsi continuamente in rapporto di emulazione, in termini di scelte figurative e decorative, con chi li aveva preceduti.