Ultima parte del mio lungo capitolo sulle varie interpretazioni dall’arte, alla musica ed alla poesia. Arrivati dunque alla fine, vi lascerò leggere intanto l’articolo in sé per sé, poi alla fine troverete un piccolo epilogo soggettivo che spero vi rimarrà in mente affinché possiate in futuro aprirvi più piacevolmente alla cultura da me analizzata.
Come sempre ecco i link dei precedenti quattro capitoli: Parte I, Parte II, Parte III, Parte IV.
Buona lettura e…Ci vediamo a fine pagina!
Abbiamo precedentemente visto come in molte poesie di Pascoli gli oggetti quotidiani e semplici diventano pretesti per scrivere righe che ritraggono uno stato d’animo preciso, e tra questi anche la luna ricorre spesso nei suoi componimenti. Da sempre essa è stata motivo d’ispirazione e riflessione per artisti, poeti e musicisti. Ma quanto può influire sul nostro umore e sulla nostra vita? Se per uno è oggetto di visione negativa e malinconica della realtà, per un altro è invece pura perfezione condensata in calma e passione, amore e sentimenti estranianti colmi di sensibilità.
Paul Verlaine, poeta simbolista francese contemporaneo a Pascoli, difatti scrive la poesia intitolata proprio “Clair de lune” (Chiaro di luna) della raccolta “Fêtes galantes” (Feste Galanti) del 1869:
“Votre âme est un paysage choisi
Que vont charmant masques et bergamasques
Jouant du luth et dansant et quasi
Tristes sous leurs déguisements fantasques.
Tout en chantant sur le mode mineur
L’amour vainqueur et la vie opportune
Ils n’ont pas l’air de croire à leur bonheur
Et leur chanson se mêle au clair de lune,
Au calme clair de lune triste et beau,
Qui fait rêver les oiseaux dans les arbres
Et sangloter d’extase les jets d’eau,
Les grands jets d’eau sveltes parmi les marbres.”
“L’anima vostra è uno squisito paesaggio
che maschere e bergamaschi incantano
suonando il liuto e danzando, quasi
tristi nei fantastici travestimenti!
Cantando in tono minore
l’amore vittorioso e la fortuna
non han l’aria di credere alla felicità
e il loro canto si fonde col chiaro di luna,
col calmo chiaro di luna triste e bello
che fa sognare tra i rami gli uccelli
e singhiozzare estasiati gli zampilli,
gli alti zampilli, slanciati fra i marmi.”
In questa poesia simbolista di Verlaine la figura della luna fa da sfondo al paesaggio e alla situazione di dolcezza e delicatezza che caratterizza l’intero componimento. Il titolo difatti fu ripreso da Claude Debussy pochi anni dopo per indicare un brano musicale facente parte della ‘Suite Bergamasque’ (1890-1892); il poeta ed il musicista francesi sfruttarono la loro amicizia per scambiarsi spesso titoli e idee comuni nel corso della loro vita. Nonostante tutto il brano di Debussy venne rimaneggiato da lui stesso intorno al 1905, quindi in epoca più matura, affinché potesse essere pubblicato dagli editori. A differenza di Beethoven che scrisse una Sonata con un solo tempo relativo al titolo ‘Chiaro di Luna’, Debussy riprese una tipica forma della Suite che è una forma musicale antica, molto usata dai clavicembalisti francesi del 1700 come Rameau e Couperin. Quella del compositore impressionista è formata da quattro brani a sé stanti: 1) Prelude 2) Menuet 3) Passepied 4) Clair de lune.
Debussy tentò di ritrarre, come fosse un pittore, quegli istanti impalpabili trasferendoli come lievi pennellate su uno spartito pentagrammato. Se in Beethoven la classicità delle strutture si accompagnava perfettamente con le armonie quasi romantiche e suggestive, in Debussy si passa, nonostante il titolo della composizione musicale sia uguale, a forme più sublimate e inafferrabili. Il brano beethoveniano è particolareggiato da una tonalità cupa, misteriosa, ovvero il Do# minore; quello debussiniano è invece in Re♭Maggiore; la tenera apertura del brano “Clair de Lune” è sospesa come a mezz’aria; dopo il dispiegarsi del canto dato dagli accordi di sei suoni, una pausa in diminuendo prepara l’entrata di un nuovo tema, sopra un accompagnamento morbidamente arpeggiato: è la sezione centrale che progressivamente si anima fino all’espansione lirica nel registro acuto; quindi, su un lungo pedale armonico, s’intersecano un canto ed un controcanto nel registro medio. Infine, la prima sezione viene ripresa e variata, concludendosi nella coda in dissolvimento, pura ed incontaminata come la visione limpida della luna.
Il mio excursus con voi è giunto al termine, cari lettori. Ciò non vuol dire che non ci saranno altri articoli, anzi! Questo era solo l’inizio. Vi rallegrerò (per quanto mi sarà possibile) le uggiose giornate d’inverno e le calde serate d’estate con piccoli articoli o recensioni musicali. Nel frattempo vi lascio una frase che racchiude in brevissimo il discorso affrontato in questi cinque tasselli che spero ricorderete con simpatia.
Mi piacerebbe ricevere da voi commenti positivi (o se volete anche negativi, perchè tutto serve nella vita!) e soprattutto mi auguro che condividerete con i vostri amici questi piccoli lavori che dedico a voi in primis. Divertitevi poi a scorrere un po’ la bacheca del Blog e ad ascoltare la RadioWeb dei nostri grandi artisti che lavorano per voi! E psst, mi raccomando, fate girare la voce che noi siamo qua e vi aspettiamo numerosi ogni giorno di più!
“Chi lavora con le sue mani è un lavoratore. Chi lavora con le sue mani e la sua testa è un artigiano. Chi lavora con le sue mani e la sua testa ed il suo cuore è un artista.”
(San Francesco d’Assisi)
La vostra giornalista e scrittrice in erba, Nat.